La propriocettività è la capacità di elaborare le informazioni di retroazione dei movimenti propri dell’organismo. Tale capacità è fondamentale per un corretto funzionamento dell’apparato locomotorio.
Anche per lo sportivo è fondamentale avere un’ottima propriocettività. Troppi infortuni sono ottimisticamente trattati con l’uso di plantari o parlando genericamente di postura scorretta, di dismetrie ecc.
In realtà, nella stragrande maggioranza dei soggetti esistono alterazioni anatomiche che dovrebbero teoricamente produrre problemi. Praticamente tali squilibri vengono proprio compensati da una corretta propriocettività, grazie alla quale l’organismo adatta il movimento alla sua struttura.
Pertanto prima di pensare a un plantare o a correggere la postura o l’azione di corsa, cercate di migliorare la vostra propriocettività con tavolette propriocettive o altri strumenti riabilitativi oppure anche semplicemente camminando a lungo su terreni che richiedono un certo controllo.
Propriocettività: aspetti teorici
Propriocettività è un termine introdotto da Sherrington per descrivere gli ingressi sensoriali che originano, nel corso di movimenti guidati centralmente, da particolari strutture: i propriocettori.
La funzione principale dei propriocettori è di fornire informazioni di retroazione sui movimenti propri dell’organismo, in altre parole di segnalare, istante per istante, quali siano i movimenti che l’organismo stesso sta compiendo.
Affinché si produca un movimento corretto è necessario che il corpo reagisca opportunamente a stimoli di forza e pressione che si hanno durante il moto.
Esistono dei meccanorecettori (più propriamente indicati con il termine propriocettori introdotto da Sherrington) che inviano informazioni su come sta avvenendo il moto ai centri cerebrali superiori in modo da correggerlo o mantenerlo.
I propriocettori sono presenti in muscoli, articolazioni e tendini e sono diversi a seconda della sede.
I fusi muscolari risiedono nei muscoli (fibre intrafusali separate dal resto del muscolo, fibre extrafusali) e danno informazioni sulla lunghezza del muscolo (recettori di allungamento). Essi sono disposti in parallelo lungo le fibre muscolari, in modo che la loro lunghezza sia quella della fibra (durante l’allungamento o l’accorciamento). Essi possiedono un’innervazione afferente (informazione verso i centri nervosi) ed efferente (informazione in uscita dai centri verso i fusi). Il fuso è innervato da assoni provenienti dai motoneuroni gamma che arrivano dal midollo spinale. Una stimolazione proveniente dai motoneuroni gamma fa contrarre le fibre e stimola le terminazioni afferenti per avere informazioni sulla variazione dei parametri muscolari. Le terminazioni afferenti sono stimolate dall’allungamento (fibre anulospirali) e dalla velocità di allungamento (terminazioni a fiorami).
Se il muscolo si allunga le afferenze fusali inviano la loro informazione e i motoneuroni spinali rispondono inviando un comando di contrazione, opposto all’allungamento.
Si ha cioè il riflesso da stiramento (o miotatico o posturale). È ovvio che, poiché il muscolo possa contrarsi in risposta all’allungamento (come accade se per esempio aumenta il peso degli oggetti che teniamo in mano), devono essere inibiti i muscoli antagonisti del muscolo (nell’esempio quelli del bicipite del braccio). Dopo la contrazione si annulla l’informazione fusale e si raggiunge una condizione di equilibrio.
In serie alle fibre muscolari, nei tendini sono presenti i recettori di Golgi. In contatto con circa 25 fibre muscolari, sono recettori di forza e misurano le variazioni di tale grandezza ai capi del tendine. Se rilevano una variazione di forza agiscono con impulso inibitorio; essi hanno una soglia di stimolazione molto più alta rispetto ai fusi che pertanto inizialmente prevalgono; i recettori di Golgi hanno cioè una funziona protettiva.
Un esempio è l’atterraggio dopo un salto da un muretto piuttosto alto. La flessione delle ginocchia provoca l’allungamento del quadricipite, la stimolazione dei fusi e la contrazione riflessa che vuole annullare l’effetto della caduta, ammortizzandola. Se l’altezza è significativa, l’impatto è molto violento e sufficiente a stimolare i recettori di Golgi che inibiscono temporaneamente la contrazione (per evitare che salga oltre un certo limite), provocando un cedimento delle gambe. Per un istante perdiamo l’equilibrio e possiamo ritrovarlo solo riaggiustando la caduta.
L’equilibrio – È l’esempio più evidente dello scopo dei propriocettori. È il risultato dei continui aggiustamenti sull’apparato locomotore che sono possibili grazie alle informazioni dei propriocettori. Poiché il piede è la parte del corpo a maggior densità di informazioni propriocettive (parte anteriore del tallone, testa dei metatarsi, sotto l’alluce e muscoli lombricali), le differenti pressioni nella parte del piede attivano il meccanismo di controllo che ha lo scopo di mantenere stabile il baricentro.
Propriocettività: le conseguenze pratiche nella corsa
Sono diverse e così riassumibili.
Dopo un infortunio è necessario ripristinare l’attività propriocettiva se si vuole ritornare a uno stile di corsa efficiente.
L’uso di un plantare è una variabile che disturba la propriocettività. Sperare di avere la stessa efficienza di corsa è del tutto ottimistico. È necessario rieducare i recettori alla massima efficienza.
Chi ha una cattiva propriocettività non spinge abbastanza con i piedi che “non sentono” il terreno. Ne risulta una perdita di efficienza.
Gli esercizi di solito usano le tavole propriocettive e vanno svolti a piedi nudi, a meno che non si voglia rieducare il piede all’uso di un plantare o di scarpe speciali.